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Kyterion
# | Discography | Type | Year | |
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1 | Inferno I | Full-length | 2016 | Show album |
2 | Inferno II | Full-length | 2018 | Show album |
Inferno I
Album versions
Release date | Label | Catalog ID | Format | Description |
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June 24th, 2016 | Subsound Records | SSR044CD | CD | Digipak, Limited edition |
June 24th, 2016 | Subsound Records | SSR044LP | 12" vinyl | Limited edition |
Tracks | |||
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1. | L’etterno dolore | 01:16 | instrumental |
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2. | Tra la perduta gente | 03:30 | Show lyrics |
Qui si convien lasciare ogne sospetto; ogne viltà convien che qui sia morta. Noi siam venuti al loco ov’i’ t’ho detto che tu vedrai le genti dolorose c’han perduto l’intelletto Quivi sospiri, pianti e alti guai risonavan per l’aere sanza stelle, per ch’io al cominciar ne lagrimai. Fama di loro il mondo esser non lassa; misericordia e giustizia li sdegna: non ragioniam di lor, ma guarda e passa Questi sciaurati, che mai non fur vivi, erano ignudi e stimolati da mosconi e da vespe ch’eran ivi. Diverse lingue orribili favelle parole di dolore accenti d’ira, voci alte e fioche, e suon di man con elle facevano un tumulto il qual s’aggira Elle rigavan lor di sangue il volto, che, mischiato di lagrime, a’ lor piedi da fastidiosi vermi era ricolto. |
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3. | L’Acheronte | 00:24 | instrumental |
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4. | Caron dimonio | 05:08 | Show lyrics |
Guai a voi, anime prave! Non isperate mai veder lo cielo: i’ vegno per menarvi a l’altra riva ne le tenebre etterne, in caldo e ’n gelo. E tu che se’ costì, anima viva, pàrtiti da cotesti che son morti. Caron, non ti crucciare: vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare. Quinci fuor quete le lanose gote Ma quell’ anime, ch’eran lasse e nude, cangiar colore e dibattero i denti, ratto che ’nteser le parole crude. Bestemmiavano Dio e lor parenti, l’umana spezie e ’l loco e ’l tempo e ’l seme di lor semenza e di lor nascimenti. Caron Dimonio, con occhi di bragia al nocchier de la livida palude batte col remo qualunque s’adagia. che ’ntorno a li occhi aveadI fiamme rote. Poi si ritrasser tutte quante insieme, forte, piangendo, a la riva malvagia ch’attende ciascun uom che Dio non teme. Come d’autunno si levan le foglie l’una appresso de l’altra, fin che ’l ramo vede a la terra tutte le sue spoglie. Quinci non passa mai anima buona; e però, se Caron di te si lagna, ben puoi sapere omai che ’l suo dir suona. Finito questo, la buia campagna tremò sì forte, che de lo spavento la mente di sudore ancor mi bagna. La terra lagrimosa diede vento, che balenò una luce vermiglia la qual mi vinse ciascun sentimento; e caddi come l’uom cui sonno piglia. |
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5. | Limbo | 03:37 | Show lyrics |
Oscura e profonda era e nebulosa tanto che, per ficcar lo viso a fondo, io non vi discernea alcuna cosa Quivi, secondo che per ascoltare, non avea pianto mai che di sospiri che l’aura etterna facevan tremare; ciò avvenia di duol sanza martìri, ch’avean le turbe, ch’eran molte e grandi, d’infanti e di femmine e di viri. Non lasciavam l’andar perch’ ei dicessi, ma passavam la selva di spiriti spessi. Così andammo infino a la lumera, parlando cose che ’l tacere è bello, sì com’era ’l parlar colà dov’ era. Venimmo al piè d’un nobile castello, sette volte cerchiato d’alte mura, Questo passammo come terra dura; per sette porte intrai con questi savi Genti v’eran con occhi tardi e gravi, di grande autorità ne’ lor sembianti: parlavan rado, con voci soavi. Io non posso ritrar di tutti a pieno, però che sì mi caccia il lungo tema, che molte volte al fatto il dir vien meno. La sesta compagnia in due si scema: per altra via mi mena il savio duca, fuor de la queta, ne l’aura che trema. E vegno in parte ove non è che luca. |
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6. | La selva de’ suicidi | 00:54 | instrumental |
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7. | Le brutte arpie | 03:38 | Show lyrics |
Non era ancor di là nesso arrivato, quando noi ci mettemmo per un bosco che da neun sentiero era segnato. Non fronda verde, ma di color fosco; non rami schietti, ma nodosi e ’nvolti; non pomi v’eran, ma stecchi con tòsco. Quivi le brutte Arpie lor nidi fanno, che cacciar de le Strofade i Troiani con tristo annunzio di futuro danno. Ali hanno late, e colli e visi umani, piè con artigli, e pennuto ’l gran ventre; fanno lamenti in su li alberi strani. Allor porsi la mano un poco avante e colsi un ramicel da un gran pruno; e ’l tronco suo gridò: «Perché mi schiante?». Uomini fummo, e or siam fatti sterpi: ben dovrebb’esser la tua man più pia, se state fossimoanime di serpi». sì de la scheggia rotta usciva insieme parole e sangue; O anime che giunte siete a veder lo strazio disonesto c’ha le mie fronde sì da me disgiunte, raccoglietele al piè del tristo cesto. Di rietro a loro era la selva piena di nere cagne, bramose e correnti come veltri ch’uscisser di catena. In quel che s’appiattò miser li denti, e quel dilaceraro a brano a brano; poi sen portar quelle membra dolenti |
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8. | Gerione | 02:51 | Show lyrics |
Ecco la fiera con la coda aguzza, che passa i monti e rompe i muri e l’armi! Ecco colei che tutto ’l mondo appuzza!». E quella sozza imagine di froda sen venne, e arrivò la testa e ’l busto, ma ’n su la riva non trasse la coda. Nel vano tutta sua coda guizzava, torcendo in sù la venenosa forca ch’a guisa di scorpion la punta armava. La faccia sua era faccia d’uom giusto, tanto benigna avea di fuor la pelle, e d’un serpente tutto l’altro fusto; due branche avea pilose insin l’ascelle; lo dosso e ’l petto e ambedue le coste dipinti avea di nodi e di rotelle. Così ancor su per la strema testa di quel settimo cerchio tutto solo andai, dove sedea la gente mesta. Per li occhi fora scoppiava lor duolo; di qua, di là soccorrien con le mani quando a’ vapori, e quando al caldo suolo: dal collo a ciascun pendea una tasca e quindi par che ’l loro occhio si pasca. così ne puose al fondo Gerïone al piè de la stagliata rocca, e, discarcate le nostre persone, si dileguò come da corda cocca. |
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9. | Faticoso manto | 04:26 | Show lyrics |
Là giù trovammo una gente dipinta che giva intorno assai con lenti passi, piangendo e nel sembiante stanca e vinta. Elli avean cappe con cappucci bassi dinanzi a li occhi, fatte de la tagli a che in Clugnì per li monaci fassi. Di fuor dorate son, sì ch’elli abbaglia; ma dentro tutte piombo, e gravi tanto "O frati, i vostri mali!!!" ma più non dissi, ch’a l’occhio mi corse un, crucifisso in terra con tre pali. Già veggia, per mezzul perdere o lulla, com’ io vidi un, così non si pertugia, rotto dal mento infin dove si trulla. Tra le gambe pendevan le minugia; la corata pareva e ’l tristo sacco che merda fa di quel che si trangugia. La molta gente e le diverse piaghe avean le luci mie sì inebrïate, che de lo stare a piangere eran vaghe. Qual è colui che suo dannaggio sogna, che sognando desidera sognare, sì che quel ch’è, come non fosse, agogna... |
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10. | Lo ’mperador del doloroso regno | 03:46 | Show lyrics |
Vexilla regis prodeunt inferni Lo ’mperador del doloroso regno da mezzo ’l petto uscia fuor de la ghiaccia; Oh quanto parve a me gran maraviglia quand’ io vidi tre facce a la sua testa! Con sei occhi piangëa, e per tre menti gocciava ’l pianto e sanguinosa bava. Da ogne bocca dirompea co’ denti un peccatore, sì che tre ne facea così dolenti. Sotto ciascuna uscivan due grand’ ali, quanto si convenia a tanto uccello: vele di mar non vid’ io mai cotali. Non avean penne, ma di vispistrello Vexilla regis prodeunt inferni Lo ’mperador del doloroso regno da mezzo ’l petto uscia fuor de la ghiaccia; e più con un gigante io mi convegno, che i giganti non fan con le sue braccia: Vexilla regis prodeunt inferni |
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29:30 |
Inferno II
Album versions
Release date | Label | Catalog ID | Format | Description |
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May 4th, 2018 | Subsound Records | SSRCD0000055 | CD | Digipak |
2018 | Subsound Records | SSRLP0000055 | 12" vinyl |
Members | |
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Miscellaneous staff | |
Gustavo Sazes | Artwork |
Giuseppe Orlando | Mixing, Mastering |
Tracks | |||
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1. | Mal nati | 03:02 | Show lyrics |
Luogo è in inferno detto Malebolge Tutto di pietra di color ferrigno Novo tormento e novi frustatori Nel fondo erano ignudi i peccatori Dal mezzo in qua ci venien verso ’l volto Di là con noi, ma con passi maggiori Su per lo sasso tetro vidi demon cornuti con gran ferze, che li battien crudelmente di retro. Ahi come facean lor levar le berze Quindi sentimmo gente che si nicchia E che col muso scuffa E sé medesma con le palme picchia Le ripe eran grommate d’una muffa Per l’alito di giù che vi s’appasta Lo fondo è cupo sì, che non ci basta Gente attuffata in uno sterco Che da li uman privadi parea mosso "Attienti, e fa che feggia Lo viso in te di quest’altri mal nati” Un col capo sì di merda lordo E quella sozza e scapigliata fante Là si graffia con l’unghie merdose E or s’accoscia e ora è in piedi stante “E quinci sian le nostre viste sazie“ |
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2. | Onde la rena s’accendea | 03:26 | Show lyrics |
Indi venimmo al fine ove si parte lo secondo giron dal terzo, e dove si vede di giustizia orribil arte. Arrivammo ad una landa che dal suo letto ogne pianta rimove. La dolorosa selva l’è ghirlanda intorno, come ’l fosso tristo ad essa. Lo spazzo era una rena arida e spessa. D’anime nude vidi molte gregge, piangean tutte assai miseramente. Supin giacea in terra alcuna gente, alcuna si sedea tutta raccolta, e altra andava continuamente. Quella che giva ’ntorno era più molta, e quella men che giacea al tormento, ma più al duolo avea la lingua sciolta. Sovra tutto ’l sabbion, d’un cader lento, piovean di foco dilatate falde, come di neve in alpe sanza vento scendeva l’etternale ardore; onde la rena s’accendea, com’esca sotto focile, a doppiar lo dolore. Sanza riposo mai era la tresca de le misere mani, or quindi or quinci escotendo da sé l’arsura fresca. |
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3. | Dite | 04:04 | Show lyrics |
Questa palude che ’l gran puzzo spira cigne dintorno la città dolente, ver’ l’alta torre a la cima rovente, dove in un punto furon dritte ratto tre furie infernal di sangue tinte, che membra feminine avieno e atto, e con idre verdissime eran cinte; serpentelli e ceraste avien per crine Con l’unghie si fendea ciascuna il petto; battiensi a palme, e gridavan sì alto, «Vegna Medusa: sì ’l farem di smalto» E già venia su per le torbide onde un fracasso d’un suon, pien di spavento, per cui tremavano amendue le sponde Veggio ad ogne man grande campagna piena di duolo e di tormento rio. Fanno i sepulcri tutt’il loco varo, così facevan quivi d’ogne parte, salvo che ’l modo v’era più amaro; ché tra gli avelli fiamme erano sparte, per le quali eran sì del tutto accesi. Tutti li lor coperchi eran sospesi, e fuor n’uscivan sì duri lamenti, che ben parean di miseri e d’offesi. |
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4. | Pena molesta | 03:20 | Show lyrics |
Un diavolo è qua dietro che n’accisma Sì crudelmente, al taglio de la spada Rimettendo ciascun di questa risma Quand’avem volta la dolente strada Però che le ferite son richiuse Prima ch’altri dinanzi li rivada Un altro, che forata avea la gola E tronco ’l naso infin sotto le ciglia E non avea mai ch’una orecchia sola E un ch’avea l’una e l’altra man mozza Levando i moncherin per l’aura fosca Sì che ’l sangue facea la faccia sozza Un busto sanza capo andar sì come Andavan li altri de la trista greggia E ’l capo tronco tenea per le chiome Pesol con mano a guisa di lanterna Quando diritto al piè del ponte fue Levò ’l braccio alto con tutta la testa "Or vedi la pena molesta Tu che, spirando, vai veggendo i morti Vedi s’alcuna è grande come questa Perch’io parti’ così giunte persone Partito porto il mio cerebro, lasso! Dal suo principio ch’è in questo troncone” |
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5. | Cerbero il gran vermo | 03:23 | Show lyrics |
La piova etterna, maladetta, fredda e greve; grandine grossa, acqua tinta e neve per l’aere tenebroso si riversa; pute la terra che questo riceve. Cerbero, fiera crudele e diversa, con tre gole caninamente latra sovra la gente che quivi è sommersa. Li occhi ha vermigli, la barba unta e atra, graffia li spirti, ed iscoia ed isquatra. Urlar li fa la pioggia come cani, qual è quel cane ch’abbaiando agogna, e si racqueta poi che ’l pasto morde, cotai si fecer quelle facce lorde de lo demonio Cerbero, che ’ntrona l’anime sì, ch’esser vorrebber sorde. Per l’ombre che adona la greve pioggia, ponavam le piante sovra lor vanità che par persona. Elle giacean per terra tutte quante, fuor d’una ch’a seder si levò. "Ma dimmi chi tu se’ che ’n sì dolente loco se’ messo e hai sì fatta pena." "Voi cittadini mi chiamaste Ciacco: per la dannosa colpa de la gola a la pioggia mi fiacco." Li diritti occhi torse allora in biechi; guardommi un poco, e poi chinò la testa: cadde con essa a par de li altri ciechi. |
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6. | Cocito | 01:53 | |
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7. | Dolenti ne la ghiaccia | 03:58 | Show lyrics |
Come noi fummo giù nel pozzo scuro Sotto i piè del gigante assai più bassi Per ch’io mi volsi, e vidimi davante E sotto i piedi un lago che per gelo Avea di vetro e non d’acqua sembiante Insin là dove appar vergogna Eran l’ombre dolenti ne la ghiaccia Ognuna in giù tenea volta la faccia Da bocca il freddo, e da li occhi il cor tristo Volsimi a’ piedi, e vidi due sì stretti Che ’l pel del capo avieno insieme misto "Ditemi, voi che sì strignete i petti" Diss’io, "chi siete?". E quei piegaro i colli E poi ch’ebber li visi a me eretti Li occhi lor, ch’eran pria dentro molli Gocciar su per le labbra, e ’l gelo strinse Le lagrime tra essi e riserrolli Poscia vid’io mille visi cagnazzi Fatti per freddo; onde mi vien riprezzo E mentre ch’andavamo inver’ lo mezzo Al quale ogne gravezza si rauna E io tremava ne l’etterno rezzo Ch’io vidi due ghiacciati in una buca Sì che l’un capo a l’altro era cappello E come ’l pan per fame si manduca Così ’l sovran li denti a l’altro pose Là ’ve ’l cervel s’aggiugne con la nuca |
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8. | Rabbiosi falsador | 05:08 | Show lyrics |
Due ombre smorte e nude Che mordendo correvan di quel modo Una giunse e in sul nodo Del collo l’assannò Grattar li fece il ventre al fondo sodo. Io vidi un, fatto a guisa di lëuto Pur ch’elli avesse avuta l’anguinaia Tronca da l’altro che l’uomo ha forcuto La grave idropesì, che sì dispaia Le membra con l’omor che mal converte Che ’l viso non risponde a la ventraia Faceva lui tener le labbra aperte Come l’etico fa, che per la sete L’un verso ’l mento e l’altro in sù rinverte Li due tapini Che fumman come man bagnate ’l verno "Qui li trovai Quando piovvi in questo greppo Per febbre aguta gittan tanto leppo" E l’un di lor, che si recò a noia Forse d’esser nomato sì oscuro Col pugno li percosse l’epa croia Quella sonò come fosse un tamburo Rispuose quel ch’avëa infiata l’epa "E te sia rea la sete onde ti crepa La lingua, e l’acqua marcia che ’l ventre innanzi a li occhi sì t’assiepa!" "Così si squarcia La bocca tua per tuo mal come suole Ché, s’i’ ho sete e omor mi rinfarcia” |
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9. | Vallon tondo | 01:16 | |
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10. | Li ’ndivini | 03:58 | Show lyrics |
Io era già disposto tutto quanto A riguardar ne lo scoperto fondo Che si bagnava d’angoscioso pianto E vidi gente per lo vallon tondo Venir, tacendo e lagrimando Ciascun tra ’l mento e ’l principio del casso Ché da le reni era tornato ’l volto E in dietro venir li convenia Perché ’l veder dinanzi era lor tolto La nostra imagine di presso Vidi sì torta, che ’l pianto de li occhi Le natiche bagnava per lo fesso E quella che ricuopre le mammelle Con le trecce sciolte E ha di là ogne pilosa pelle Manto fu Lì, per fuggire ogne consorzio umano Ristette con suoi servi a far sue arti E visse, e vi lasciò suo corpo vano Vedi le triste che lasciaron l’ago La spuola e ’l fuso, e fecersi ’ndivine Fecer malie con erbe e con imago Ma vienne omai, ché già tiene ’l confine D’amendue li emisperi e tocca l’onda Sotto Sobilia Caino e le spine |
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11. | Terribile stipa | 04:26 | Show lyrics |
Noi discendemmo il ponte da la testa Dove s’aggiugne con l’ottava ripa E poi mi fu la bolgia manifesta E vidivi entro terribile stipa Di serpenti, e di sì diversa mena Che la memoria il sangue ancor mi scipa Più non si vanti Libia con sua rena Ché se chelidri, iaculi e faree Produce, e cencri con anfisibena Tra questa cruda e tristissima copia Corrëan genti nude e spaventate Sanza sperar pertugio o elitropia Con serpi le man dietro avean legate Quelle ficcavan per le ren la coda E ’l capo, ed eran dinanzi aggroppate Ed ecco a un ch’era da nostra proda S’avventò un serpente che ’l trafisse Là dove ’l collo a le spalle s’annoda El s’accese e arse, e cener tutto Convenne che cascando divenisse E poi che fu a terra sì distrutto La polver si raccolse per sé stessa E ’n quel medesmo ritornò di butto |
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37:54 |
Inferno I
Tracks | |||
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1. | L’etterno dolore | 01:16 | instrumental |
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2. | Tra la perduta gente | 03:30 | Show lyrics |
Qui si convien lasciare ogne sospetto; ogne viltà convien che qui sia morta. Noi siam venuti al loco ov’i’ t’ho detto che tu vedrai le genti dolorose c’han perduto l’intelletto Quivi sospiri, pianti e alti guai risonavan per l’aere sanza stelle, per ch’io al cominciar ne lagrimai. Fama di loro il mondo esser non lassa; misericordia e giustizia li sdegna: non ragioniam di lor, ma guarda e passa Questi sciaurati, che mai non fur vivi, erano ignudi e stimolati da mosconi e da vespe ch’eran ivi. Diverse lingue orribili favelle parole di dolore accenti d’ira, voci alte e fioche, e suon di man con elle facevano un tumulto il qual s’aggira Elle rigavan lor di sangue il volto, che, mischiato di lagrime, a’ lor piedi da fastidiosi vermi era ricolto. |
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3. | L’Acheronte | 00:24 | instrumental |
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4. | Caron dimonio | 05:08 | Show lyrics |
Guai a voi, anime prave! Non isperate mai veder lo cielo: i’ vegno per menarvi a l’altra riva ne le tenebre etterne, in caldo e ’n gelo. E tu che se’ costì, anima viva, pàrtiti da cotesti che son morti. Caron, non ti crucciare: vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare. Quinci fuor quete le lanose gote Ma quell’ anime, ch’eran lasse e nude, cangiar colore e dibattero i denti, ratto che ’nteser le parole crude. Bestemmiavano Dio e lor parenti, l’umana spezie e ’l loco e ’l tempo e ’l seme di lor semenza e di lor nascimenti. Caron Dimonio, con occhi di bragia al nocchier de la livida palude batte col remo qualunque s’adagia. che ’ntorno a li occhi aveadI fiamme rote. Poi si ritrasser tutte quante insieme, forte, piangendo, a la riva malvagia ch’attende ciascun uom che Dio non teme. Come d’autunno si levan le foglie l’una appresso de l’altra, fin che ’l ramo vede a la terra tutte le sue spoglie. Quinci non passa mai anima buona; e però, se Caron di te si lagna, ben puoi sapere omai che ’l suo dir suona. Finito questo, la buia campagna tremò sì forte, che de lo spavento la mente di sudore ancor mi bagna. La terra lagrimosa diede vento, che balenò una luce vermiglia la qual mi vinse ciascun sentimento; e caddi come l’uom cui sonno piglia. |
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5. | Limbo | 03:37 | Show lyrics |
Oscura e profonda era e nebulosa tanto che, per ficcar lo viso a fondo, io non vi discernea alcuna cosa Quivi, secondo che per ascoltare, non avea pianto mai che di sospiri che l’aura etterna facevan tremare; ciò avvenia di duol sanza martìri, ch’avean le turbe, ch’eran molte e grandi, d’infanti e di femmine e di viri. Non lasciavam l’andar perch’ ei dicessi, ma passavam la selva di spiriti spessi. Così andammo infino a la lumera, parlando cose che ’l tacere è bello, sì com’era ’l parlar colà dov’ era. Venimmo al piè d’un nobile castello, sette volte cerchiato d’alte mura, Questo passammo come terra dura; per sette porte intrai con questi savi Genti v’eran con occhi tardi e gravi, di grande autorità ne’ lor sembianti: parlavan rado, con voci soavi. Io non posso ritrar di tutti a pieno, però che sì mi caccia il lungo tema, che molte volte al fatto il dir vien meno. La sesta compagnia in due si scema: per altra via mi mena il savio duca, fuor de la queta, ne l’aura che trema. E vegno in parte ove non è che luca. |
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6. | La selva de’ suicidi | 00:54 | instrumental |
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7. | Le brutte arpie | 03:38 | Show lyrics |
Non era ancor di là nesso arrivato, quando noi ci mettemmo per un bosco che da neun sentiero era segnato. Non fronda verde, ma di color fosco; non rami schietti, ma nodosi e ’nvolti; non pomi v’eran, ma stecchi con tòsco. Quivi le brutte Arpie lor nidi fanno, che cacciar de le Strofade i Troiani con tristo annunzio di futuro danno. Ali hanno late, e colli e visi umani, piè con artigli, e pennuto ’l gran ventre; fanno lamenti in su li alberi strani. Allor porsi la mano un poco avante e colsi un ramicel da un gran pruno; e ’l tronco suo gridò: «Perché mi schiante?». Uomini fummo, e or siam fatti sterpi: ben dovrebb’esser la tua man più pia, se state fossimoanime di serpi». sì de la scheggia rotta usciva insieme parole e sangue; O anime che giunte siete a veder lo strazio disonesto c’ha le mie fronde sì da me disgiunte, raccoglietele al piè del tristo cesto. Di rietro a loro era la selva piena di nere cagne, bramose e correnti come veltri ch’uscisser di catena. In quel che s’appiattò miser li denti, e quel dilaceraro a brano a brano; poi sen portar quelle membra dolenti |
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8. | Gerione | 02:51 | Show lyrics |
Ecco la fiera con la coda aguzza, che passa i monti e rompe i muri e l’armi! Ecco colei che tutto ’l mondo appuzza!». E quella sozza imagine di froda sen venne, e arrivò la testa e ’l busto, ma ’n su la riva non trasse la coda. Nel vano tutta sua coda guizzava, torcendo in sù la venenosa forca ch’a guisa di scorpion la punta armava. La faccia sua era faccia d’uom giusto, tanto benigna avea di fuor la pelle, e d’un serpente tutto l’altro fusto; due branche avea pilose insin l’ascelle; lo dosso e ’l petto e ambedue le coste dipinti avea di nodi e di rotelle. Così ancor su per la strema testa di quel settimo cerchio tutto solo andai, dove sedea la gente mesta. Per li occhi fora scoppiava lor duolo; di qua, di là soccorrien con le mani quando a’ vapori, e quando al caldo suolo: dal collo a ciascun pendea una tasca e quindi par che ’l loro occhio si pasca. così ne puose al fondo Gerïone al piè de la stagliata rocca, e, discarcate le nostre persone, si dileguò come da corda cocca. |
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9. | Faticoso manto | 04:26 | Show lyrics |
Là giù trovammo una gente dipinta che giva intorno assai con lenti passi, piangendo e nel sembiante stanca e vinta. Elli avean cappe con cappucci bassi dinanzi a li occhi, fatte de la tagli a che in Clugnì per li monaci fassi. Di fuor dorate son, sì ch’elli abbaglia; ma dentro tutte piombo, e gravi tanto "O frati, i vostri mali!!!" ma più non dissi, ch’a l’occhio mi corse un, crucifisso in terra con tre pali. Già veggia, per mezzul perdere o lulla, com’ io vidi un, così non si pertugia, rotto dal mento infin dove si trulla. Tra le gambe pendevan le minugia; la corata pareva e ’l tristo sacco che merda fa di quel che si trangugia. La molta gente e le diverse piaghe avean le luci mie sì inebrïate, che de lo stare a piangere eran vaghe. Qual è colui che suo dannaggio sogna, che sognando desidera sognare, sì che quel ch’è, come non fosse, agogna... |
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10. | Lo ’mperador del doloroso regno | 03:46 | Show lyrics |
Vexilla regis prodeunt inferni Lo ’mperador del doloroso regno da mezzo ’l petto uscia fuor de la ghiaccia; Oh quanto parve a me gran maraviglia quand’ io vidi tre facce a la sua testa! Con sei occhi piangëa, e per tre menti gocciava ’l pianto e sanguinosa bava. Da ogne bocca dirompea co’ denti un peccatore, sì che tre ne facea così dolenti. Sotto ciascuna uscivan due grand’ ali, quanto si convenia a tanto uccello: vele di mar non vid’ io mai cotali. Non avean penne, ma di vispistrello Vexilla regis prodeunt inferni Lo ’mperador del doloroso regno da mezzo ’l petto uscia fuor de la ghiaccia; e più con un gigante io mi convegno, che i giganti non fan con le sue braccia: Vexilla regis prodeunt inferni |
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29:30 |
Inferno I
Tracks | |||
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Side A | |||
1. | L’etterno dolore | 01:16 | instrumental |
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2. | Tra la perduta gente | 03:30 | Show lyrics |
Qui si convien lasciare ogne sospetto; ogne viltà convien che qui sia morta. Noi siam venuti al loco ov’i’ t’ho detto che tu vedrai le genti dolorose c’han perduto l’intelletto Quivi sospiri, pianti e alti guai risonavan per l’aere sanza stelle, per ch’io al cominciar ne lagrimai. Fama di loro il mondo esser non lassa; misericordia e giustizia li sdegna: non ragioniam di lor, ma guarda e passa Questi sciaurati, che mai non fur vivi, erano ignudi e stimolati da mosconi e da vespe ch’eran ivi. Diverse lingue orribili favelle parole di dolore accenti d’ira, voci alte e fioche, e suon di man con elle facevano un tumulto il qual s’aggira Elle rigavan lor di sangue il volto, che, mischiato di lagrime, a’ lor piedi da fastidiosi vermi era ricolto. |
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3. | L’Acheronte | 00:24 | instrumental |
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4. | Caron dimonio | 05:08 | Show lyrics |
Guai a voi, anime prave! Non isperate mai veder lo cielo: i’ vegno per menarvi a l’altra riva ne le tenebre etterne, in caldo e ’n gelo. E tu che se’ costì, anima viva, pàrtiti da cotesti che son morti. Caron, non ti crucciare: vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare. Quinci fuor quete le lanose gote Ma quell’ anime, ch’eran lasse e nude, cangiar colore e dibattero i denti, ratto che ’nteser le parole crude. Bestemmiavano Dio e lor parenti, l’umana spezie e ’l loco e ’l tempo e ’l seme di lor semenza e di lor nascimenti. Caron Dimonio, con occhi di bragia al nocchier de la livida palude batte col remo qualunque s’adagia. che ’ntorno a li occhi aveadI fiamme rote. Poi si ritrasser tutte quante insieme, forte, piangendo, a la riva malvagia ch’attende ciascun uom che Dio non teme. Come d’autunno si levan le foglie l’una appresso de l’altra, fin che ’l ramo vede a la terra tutte le sue spoglie. Quinci non passa mai anima buona; e però, se Caron di te si lagna, ben puoi sapere omai che ’l suo dir suona. Finito questo, la buia campagna tremò sì forte, che de lo spavento la mente di sudore ancor mi bagna. La terra lagrimosa diede vento, che balenò una luce vermiglia la qual mi vinse ciascun sentimento; e caddi come l’uom cui sonno piglia. |
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5. | Limbo | 03:37 | Show lyrics |
Oscura e profonda era e nebulosa tanto che, per ficcar lo viso a fondo, io non vi discernea alcuna cosa Quivi, secondo che per ascoltare, non avea pianto mai che di sospiri che l’aura etterna facevan tremare; ciò avvenia di duol sanza martìri, ch’avean le turbe, ch’eran molte e grandi, d’infanti e di femmine e di viri. Non lasciavam l’andar perch’ ei dicessi, ma passavam la selva di spiriti spessi. Così andammo infino a la lumera, parlando cose che ’l tacere è bello, sì com’era ’l parlar colà dov’ era. Venimmo al piè d’un nobile castello, sette volte cerchiato d’alte mura, Questo passammo come terra dura; per sette porte intrai con questi savi Genti v’eran con occhi tardi e gravi, di grande autorità ne’ lor sembianti: parlavan rado, con voci soavi. Io non posso ritrar di tutti a pieno, però che sì mi caccia il lungo tema, che molte volte al fatto il dir vien meno. La sesta compagnia in due si scema: per altra via mi mena il savio duca, fuor de la queta, ne l’aura che trema. E vegno in parte ove non è che luca. |
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Side B | |||
6. | La selva de’ suicidi | 00:54 | instrumental |
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7. | Le brutte arpie | 03:38 | Show lyrics |
Non era ancor di là nesso arrivato, quando noi ci mettemmo per un bosco che da neun sentiero era segnato. Non fronda verde, ma di color fosco; non rami schietti, ma nodosi e ’nvolti; non pomi v’eran, ma stecchi con tòsco. Quivi le brutte Arpie lor nidi fanno, che cacciar de le Strofade i Troiani con tristo annunzio di futuro danno. Ali hanno late, e colli e visi umani, piè con artigli, e pennuto ’l gran ventre; fanno lamenti in su li alberi strani. Allor porsi la mano un poco avante e colsi un ramicel da un gran pruno; e ’l tronco suo gridò: «Perché mi schiante?». Uomini fummo, e or siam fatti sterpi: ben dovrebb’esser la tua man più pia, se state fossimoanime di serpi». sì de la scheggia rotta usciva insieme parole e sangue; O anime che giunte siete a veder lo strazio disonesto c’ha le mie fronde sì da me disgiunte, raccoglietele al piè del tristo cesto. Di rietro a loro era la selva piena di nere cagne, bramose e correnti come veltri ch’uscisser di catena. In quel che s’appiattò miser li denti, e quel dilaceraro a brano a brano; poi sen portar quelle membra dolenti |
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8. | Gerione | 02:51 | Show lyrics |
Ecco la fiera con la coda aguzza, che passa i monti e rompe i muri e l’armi! Ecco colei che tutto ’l mondo appuzza!». E quella sozza imagine di froda sen venne, e arrivò la testa e ’l busto, ma ’n su la riva non trasse la coda. Nel vano tutta sua coda guizzava, torcendo in sù la venenosa forca ch’a guisa di scorpion la punta armava. La faccia sua era faccia d’uom giusto, tanto benigna avea di fuor la pelle, e d’un serpente tutto l’altro fusto; due branche avea pilose insin l’ascelle; lo dosso e ’l petto e ambedue le coste dipinti avea di nodi e di rotelle. Così ancor su per la strema testa di quel settimo cerchio tutto solo andai, dove sedea la gente mesta. Per li occhi fora scoppiava lor duolo; di qua, di là soccorrien con le mani quando a’ vapori, e quando al caldo suolo: dal collo a ciascun pendea una tasca e quindi par che ’l loro occhio si pasca. così ne puose al fondo Gerïone al piè de la stagliata rocca, e, discarcate le nostre persone, si dileguò come da corda cocca. |
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9. | Faticoso manto | 04:26 | Show lyrics |
Là giù trovammo una gente dipinta che giva intorno assai con lenti passi, piangendo e nel sembiante stanca e vinta. Elli avean cappe con cappucci bassi dinanzi a li occhi, fatte de la tagli a che in Clugnì per li monaci fassi. Di fuor dorate son, sì ch’elli abbaglia; ma dentro tutte piombo, e gravi tanto "O frati, i vostri mali!!!" ma più non dissi, ch’a l’occhio mi corse un, crucifisso in terra con tre pali. Già veggia, per mezzul perdere o lulla, com’ io vidi un, così non si pertugia, rotto dal mento infin dove si trulla. Tra le gambe pendevan le minugia; la corata pareva e ’l tristo sacco che merda fa di quel che si trangugia. La molta gente e le diverse piaghe avean le luci mie sì inebrïate, che de lo stare a piangere eran vaghe. Qual è colui che suo dannaggio sogna, che sognando desidera sognare, sì che quel ch’è, come non fosse, agogna... |
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10. | Lo ’mperador del doloroso regno | 03:46 | Show lyrics |
Vexilla regis prodeunt inferni Lo ’mperador del doloroso regno da mezzo ’l petto uscia fuor de la ghiaccia; Oh quanto parve a me gran maraviglia quand’ io vidi tre facce a la sua testa! Con sei occhi piangëa, e per tre menti gocciava ’l pianto e sanguinosa bava. Da ogne bocca dirompea co’ denti un peccatore, sì che tre ne facea così dolenti. Sotto ciascuna uscivan due grand’ ali, quanto si convenia a tanto uccello: vele di mar non vid’ io mai cotali. Non avean penne, ma di vispistrello Vexilla regis prodeunt inferni Lo ’mperador del doloroso regno da mezzo ’l petto uscia fuor de la ghiaccia; e più con un gigante io mi convegno, che i giganti non fan con le sue braccia: Vexilla regis prodeunt inferni |
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29:30 |
Inferno II
Members | |
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Miscellaneous staff | |
Gustavo Sazes | Artwork |
Giuseppe Orlando | Mixing, Mastering |
Tracks | |||
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1. | Mal nati | 03:02 | Show lyrics |
Luogo è in inferno detto Malebolge Tutto di pietra di color ferrigno Novo tormento e novi frustatori Nel fondo erano ignudi i peccatori Dal mezzo in qua ci venien verso ’l volto Di là con noi, ma con passi maggiori Su per lo sasso tetro vidi demon cornuti con gran ferze, che li battien crudelmente di retro. Ahi come facean lor levar le berze Quindi sentimmo gente che si nicchia E che col muso scuffa E sé medesma con le palme picchia Le ripe eran grommate d’una muffa Per l’alito di giù che vi s’appasta Lo fondo è cupo sì, che non ci basta Gente attuffata in uno sterco Che da li uman privadi parea mosso "Attienti, e fa che feggia Lo viso in te di quest’altri mal nati” Un col capo sì di merda lordo E quella sozza e scapigliata fante Là si graffia con l’unghie merdose E or s’accoscia e ora è in piedi stante “E quinci sian le nostre viste sazie“ |
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2. | Onde la rena s’accendea | 03:26 | Show lyrics |
Indi venimmo al fine ove si parte lo secondo giron dal terzo, e dove si vede di giustizia orribil arte. Arrivammo ad una landa che dal suo letto ogne pianta rimove. La dolorosa selva l’è ghirlanda intorno, come ’l fosso tristo ad essa. Lo spazzo era una rena arida e spessa. D’anime nude vidi molte gregge, piangean tutte assai miseramente. Supin giacea in terra alcuna gente, alcuna si sedea tutta raccolta, e altra andava continuamente. Quella che giva ’ntorno era più molta, e quella men che giacea al tormento, ma più al duolo avea la lingua sciolta. Sovra tutto ’l sabbion, d’un cader lento, piovean di foco dilatate falde, come di neve in alpe sanza vento scendeva l’etternale ardore; onde la rena s’accendea, com’esca sotto focile, a doppiar lo dolore. Sanza riposo mai era la tresca de le misere mani, or quindi or quinci escotendo da sé l’arsura fresca. |
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3. | Dite | 04:04 | Show lyrics |
Questa palude che ’l gran puzzo spira cigne dintorno la città dolente, ver’ l’alta torre a la cima rovente, dove in un punto furon dritte ratto tre furie infernal di sangue tinte, che membra feminine avieno e atto, e con idre verdissime eran cinte; serpentelli e ceraste avien per crine Con l’unghie si fendea ciascuna il petto; battiensi a palme, e gridavan sì alto, «Vegna Medusa: sì ’l farem di smalto» E già venia su per le torbide onde un fracasso d’un suon, pien di spavento, per cui tremavano amendue le sponde Veggio ad ogne man grande campagna piena di duolo e di tormento rio. Fanno i sepulcri tutt’il loco varo, così facevan quivi d’ogne parte, salvo che ’l modo v’era più amaro; ché tra gli avelli fiamme erano sparte, per le quali eran sì del tutto accesi. Tutti li lor coperchi eran sospesi, e fuor n’uscivan sì duri lamenti, che ben parean di miseri e d’offesi. |
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4. | Pena molesta | 03:20 | Show lyrics |
Un diavolo è qua dietro che n’accisma Sì crudelmente, al taglio de la spada Rimettendo ciascun di questa risma Quand’avem volta la dolente strada Però che le ferite son richiuse Prima ch’altri dinanzi li rivada Un altro, che forata avea la gola E tronco ’l naso infin sotto le ciglia E non avea mai ch’una orecchia sola E un ch’avea l’una e l’altra man mozza Levando i moncherin per l’aura fosca Sì che ’l sangue facea la faccia sozza Un busto sanza capo andar sì come Andavan li altri de la trista greggia E ’l capo tronco tenea per le chiome Pesol con mano a guisa di lanterna Quando diritto al piè del ponte fue Levò ’l braccio alto con tutta la testa "Or vedi la pena molesta Tu che, spirando, vai veggendo i morti Vedi s’alcuna è grande come questa Perch’io parti’ così giunte persone Partito porto il mio cerebro, lasso! Dal suo principio ch’è in questo troncone” |
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5. | Cerbero il gran vermo | 03:23 | Show lyrics |
La piova etterna, maladetta, fredda e greve; grandine grossa, acqua tinta e neve per l’aere tenebroso si riversa; pute la terra che questo riceve. Cerbero, fiera crudele e diversa, con tre gole caninamente latra sovra la gente che quivi è sommersa. Li occhi ha vermigli, la barba unta e atra, graffia li spirti, ed iscoia ed isquatra. Urlar li fa la pioggia come cani, qual è quel cane ch’abbaiando agogna, e si racqueta poi che ’l pasto morde, cotai si fecer quelle facce lorde de lo demonio Cerbero, che ’ntrona l’anime sì, ch’esser vorrebber sorde. Per l’ombre che adona la greve pioggia, ponavam le piante sovra lor vanità che par persona. Elle giacean per terra tutte quante, fuor d’una ch’a seder si levò. "Ma dimmi chi tu se’ che ’n sì dolente loco se’ messo e hai sì fatta pena." "Voi cittadini mi chiamaste Ciacco: per la dannosa colpa de la gola a la pioggia mi fiacco." Li diritti occhi torse allora in biechi; guardommi un poco, e poi chinò la testa: cadde con essa a par de li altri ciechi. |
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6. | Cocito | 01:53 | |
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7. | Dolenti ne la ghiaccia | 03:58 | Show lyrics |
Come noi fummo giù nel pozzo scuro Sotto i piè del gigante assai più bassi Per ch’io mi volsi, e vidimi davante E sotto i piedi un lago che per gelo Avea di vetro e non d’acqua sembiante Insin là dove appar vergogna Eran l’ombre dolenti ne la ghiaccia Ognuna in giù tenea volta la faccia Da bocca il freddo, e da li occhi il cor tristo Volsimi a’ piedi, e vidi due sì stretti Che ’l pel del capo avieno insieme misto "Ditemi, voi che sì strignete i petti" Diss’io, "chi siete?". E quei piegaro i colli E poi ch’ebber li visi a me eretti Li occhi lor, ch’eran pria dentro molli Gocciar su per le labbra, e ’l gelo strinse Le lagrime tra essi e riserrolli Poscia vid’io mille visi cagnazzi Fatti per freddo; onde mi vien riprezzo E mentre ch’andavamo inver’ lo mezzo Al quale ogne gravezza si rauna E io tremava ne l’etterno rezzo Ch’io vidi due ghiacciati in una buca Sì che l’un capo a l’altro era cappello E come ’l pan per fame si manduca Così ’l sovran li denti a l’altro pose Là ’ve ’l cervel s’aggiugne con la nuca |
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8. | Rabbiosi falsador | 05:08 | Show lyrics |
Due ombre smorte e nude Che mordendo correvan di quel modo Una giunse e in sul nodo Del collo l’assannò Grattar li fece il ventre al fondo sodo. Io vidi un, fatto a guisa di lëuto Pur ch’elli avesse avuta l’anguinaia Tronca da l’altro che l’uomo ha forcuto La grave idropesì, che sì dispaia Le membra con l’omor che mal converte Che ’l viso non risponde a la ventraia Faceva lui tener le labbra aperte Come l’etico fa, che per la sete L’un verso ’l mento e l’altro in sù rinverte Li due tapini Che fumman come man bagnate ’l verno "Qui li trovai Quando piovvi in questo greppo Per febbre aguta gittan tanto leppo" E l’un di lor, che si recò a noia Forse d’esser nomato sì oscuro Col pugno li percosse l’epa croia Quella sonò come fosse un tamburo Rispuose quel ch’avëa infiata l’epa "E te sia rea la sete onde ti crepa La lingua, e l’acqua marcia che ’l ventre innanzi a li occhi sì t’assiepa!" "Così si squarcia La bocca tua per tuo mal come suole Ché, s’i’ ho sete e omor mi rinfarcia” |
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9. | Vallon tondo | 01:16 | |
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10. | Li ’ndivini | 03:58 | Show lyrics |
Io era già disposto tutto quanto A riguardar ne lo scoperto fondo Che si bagnava d’angoscioso pianto E vidi gente per lo vallon tondo Venir, tacendo e lagrimando Ciascun tra ’l mento e ’l principio del casso Ché da le reni era tornato ’l volto E in dietro venir li convenia Perché ’l veder dinanzi era lor tolto La nostra imagine di presso Vidi sì torta, che ’l pianto de li occhi Le natiche bagnava per lo fesso E quella che ricuopre le mammelle Con le trecce sciolte E ha di là ogne pilosa pelle Manto fu Lì, per fuggire ogne consorzio umano Ristette con suoi servi a far sue arti E visse, e vi lasciò suo corpo vano Vedi le triste che lasciaron l’ago La spuola e ’l fuso, e fecersi ’ndivine Fecer malie con erbe e con imago Ma vienne omai, ché già tiene ’l confine D’amendue li emisperi e tocca l’onda Sotto Sobilia Caino e le spine |
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11. | Terribile stipa | 04:26 | Show lyrics |
Noi discendemmo il ponte da la testa Dove s’aggiugne con l’ottava ripa E poi mi fu la bolgia manifesta E vidivi entro terribile stipa Di serpenti, e di sì diversa mena Che la memoria il sangue ancor mi scipa Più non si vanti Libia con sua rena Ché se chelidri, iaculi e faree Produce, e cencri con anfisibena Tra questa cruda e tristissima copia Corrëan genti nude e spaventate Sanza sperar pertugio o elitropia Con serpi le man dietro avean legate Quelle ficcavan per le ren la coda E ’l capo, ed eran dinanzi aggroppate Ed ecco a un ch’era da nostra proda S’avventò un serpente che ’l trafisse Là dove ’l collo a le spalle s’annoda El s’accese e arse, e cener tutto Convenne che cascando divenisse E poi che fu a terra sì distrutto La polver si raccolse per sé stessa E ’n quel medesmo ritornò di butto |
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37:54 |
Inferno II
Members | |
---|---|
Original line-up | |
Miscellaneous staff | |
Gustavo Sazes | Artwork |
Giuseppe Orlando | Mixing, Mastering |
Tracks | |||
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Side A | |||
1. | Mal nati | 03:02 | Show lyrics |
Luogo è in inferno detto Malebolge Tutto di pietra di color ferrigno Novo tormento e novi frustatori Nel fondo erano ignudi i peccatori Dal mezzo in qua ci venien verso ’l volto Di là con noi, ma con passi maggiori Su per lo sasso tetro vidi demon cornuti con gran ferze, che li battien crudelmente di retro. Ahi come facean lor levar le berze Quindi sentimmo gente che si nicchia E che col muso scuffa E sé medesma con le palme picchia Le ripe eran grommate d’una muffa Per l’alito di giù che vi s’appasta Lo fondo è cupo sì, che non ci basta Gente attuffata in uno sterco Che da li uman privadi parea mosso "Attienti, e fa che feggia Lo viso in te di quest’altri mal nati” Un col capo sì di merda lordo E quella sozza e scapigliata fante Là si graffia con l’unghie merdose E or s’accoscia e ora è in piedi stante “E quinci sian le nostre viste sazie“ |
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2. | Onde la rena s’accendea | 03:26 | Show lyrics |
Indi venimmo al fine ove si parte lo secondo giron dal terzo, e dove si vede di giustizia orribil arte. Arrivammo ad una landa che dal suo letto ogne pianta rimove. La dolorosa selva l’è ghirlanda intorno, come ’l fosso tristo ad essa. Lo spazzo era una rena arida e spessa. D’anime nude vidi molte gregge, piangean tutte assai miseramente. Supin giacea in terra alcuna gente, alcuna si sedea tutta raccolta, e altra andava continuamente. Quella che giva ’ntorno era più molta, e quella men che giacea al tormento, ma più al duolo avea la lingua sciolta. Sovra tutto ’l sabbion, d’un cader lento, piovean di foco dilatate falde, come di neve in alpe sanza vento scendeva l’etternale ardore; onde la rena s’accendea, com’esca sotto focile, a doppiar lo dolore. Sanza riposo mai era la tresca de le misere mani, or quindi or quinci escotendo da sé l’arsura fresca. |
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3. | Dite | 04:04 | Show lyrics |
Questa palude che ’l gran puzzo spira cigne dintorno la città dolente, ver’ l’alta torre a la cima rovente, dove in un punto furon dritte ratto tre furie infernal di sangue tinte, che membra feminine avieno e atto, e con idre verdissime eran cinte; serpentelli e ceraste avien per crine Con l’unghie si fendea ciascuna il petto; battiensi a palme, e gridavan sì alto, «Vegna Medusa: sì ’l farem di smalto» E già venia su per le torbide onde un fracasso d’un suon, pien di spavento, per cui tremavano amendue le sponde Veggio ad ogne man grande campagna piena di duolo e di tormento rio. Fanno i sepulcri tutt’il loco varo, così facevan quivi d’ogne parte, salvo che ’l modo v’era più amaro; ché tra gli avelli fiamme erano sparte, per le quali eran sì del tutto accesi. Tutti li lor coperchi eran sospesi, e fuor n’uscivan sì duri lamenti, che ben parean di miseri e d’offesi. |
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4. | Pena molesta | 03:20 | Show lyrics |
Un diavolo è qua dietro che n’accisma Sì crudelmente, al taglio de la spada Rimettendo ciascun di questa risma Quand’avem volta la dolente strada Però che le ferite son richiuse Prima ch’altri dinanzi li rivada Un altro, che forata avea la gola E tronco ’l naso infin sotto le ciglia E non avea mai ch’una orecchia sola E un ch’avea l’una e l’altra man mozza Levando i moncherin per l’aura fosca Sì che ’l sangue facea la faccia sozza Un busto sanza capo andar sì come Andavan li altri de la trista greggia E ’l capo tronco tenea per le chiome Pesol con mano a guisa di lanterna Quando diritto al piè del ponte fue Levò ’l braccio alto con tutta la testa "Or vedi la pena molesta Tu che, spirando, vai veggendo i morti Vedi s’alcuna è grande come questa Perch’io parti’ così giunte persone Partito porto il mio cerebro, lasso! Dal suo principio ch’è in questo troncone” |
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5. | Cerbero il gran vermo | 03:23 | Show lyrics |
La piova etterna, maladetta, fredda e greve; grandine grossa, acqua tinta e neve per l’aere tenebroso si riversa; pute la terra che questo riceve. Cerbero, fiera crudele e diversa, con tre gole caninamente latra sovra la gente che quivi è sommersa. Li occhi ha vermigli, la barba unta e atra, graffia li spirti, ed iscoia ed isquatra. Urlar li fa la pioggia come cani, qual è quel cane ch’abbaiando agogna, e si racqueta poi che ’l pasto morde, cotai si fecer quelle facce lorde de lo demonio Cerbero, che ’ntrona l’anime sì, ch’esser vorrebber sorde. Per l’ombre che adona la greve pioggia, ponavam le piante sovra lor vanità che par persona. Elle giacean per terra tutte quante, fuor d’una ch’a seder si levò. "Ma dimmi chi tu se’ che ’n sì dolente loco se’ messo e hai sì fatta pena." "Voi cittadini mi chiamaste Ciacco: per la dannosa colpa de la gola a la pioggia mi fiacco." Li diritti occhi torse allora in biechi; guardommi un poco, e poi chinò la testa: cadde con essa a par de li altri ciechi. |
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6. | Cocito | 01:53 | |
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Side B | |||
7. | Dolenti ne la ghiaccia | 03:58 | Show lyrics |
Come noi fummo giù nel pozzo scuro Sotto i piè del gigante assai più bassi Per ch’io mi volsi, e vidimi davante E sotto i piedi un lago che per gelo Avea di vetro e non d’acqua sembiante Insin là dove appar vergogna Eran l’ombre dolenti ne la ghiaccia Ognuna in giù tenea volta la faccia Da bocca il freddo, e da li occhi il cor tristo Volsimi a’ piedi, e vidi due sì stretti Che ’l pel del capo avieno insieme misto "Ditemi, voi che sì strignete i petti" Diss’io, "chi siete?". E quei piegaro i colli E poi ch’ebber li visi a me eretti Li occhi lor, ch’eran pria dentro molli Gocciar su per le labbra, e ’l gelo strinse Le lagrime tra essi e riserrolli Poscia vid’io mille visi cagnazzi Fatti per freddo; onde mi vien riprezzo E mentre ch’andavamo inver’ lo mezzo Al quale ogne gravezza si rauna E io tremava ne l’etterno rezzo Ch’io vidi due ghiacciati in una buca Sì che l’un capo a l’altro era cappello E come ’l pan per fame si manduca Così ’l sovran li denti a l’altro pose Là ’ve ’l cervel s’aggiugne con la nuca |
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8. | Rabbiosi falsador | 05:08 | Show lyrics |
Due ombre smorte e nude Che mordendo correvan di quel modo Una giunse e in sul nodo Del collo l’assannò Grattar li fece il ventre al fondo sodo. Io vidi un, fatto a guisa di lëuto Pur ch’elli avesse avuta l’anguinaia Tronca da l’altro che l’uomo ha forcuto La grave idropesì, che sì dispaia Le membra con l’omor che mal converte Che ’l viso non risponde a la ventraia Faceva lui tener le labbra aperte Come l’etico fa, che per la sete L’un verso ’l mento e l’altro in sù rinverte Li due tapini Che fumman come man bagnate ’l verno "Qui li trovai Quando piovvi in questo greppo Per febbre aguta gittan tanto leppo" E l’un di lor, che si recò a noia Forse d’esser nomato sì oscuro Col pugno li percosse l’epa croia Quella sonò come fosse un tamburo Rispuose quel ch’avëa infiata l’epa "E te sia rea la sete onde ti crepa La lingua, e l’acqua marcia che ’l ventre innanzi a li occhi sì t’assiepa!" "Così si squarcia La bocca tua per tuo mal come suole Ché, s’i’ ho sete e omor mi rinfarcia” |
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9. | Vallon tondo | 01:16 | |
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10. | Li ’ndivini | 03:58 | Show lyrics |
Io era già disposto tutto quanto A riguardar ne lo scoperto fondo Che si bagnava d’angoscioso pianto E vidi gente per lo vallon tondo Venir, tacendo e lagrimando Ciascun tra ’l mento e ’l principio del casso Ché da le reni era tornato ’l volto E in dietro venir li convenia Perché ’l veder dinanzi era lor tolto La nostra imagine di presso Vidi sì torta, che ’l pianto de li occhi Le natiche bagnava per lo fesso E quella che ricuopre le mammelle Con le trecce sciolte E ha di là ogne pilosa pelle Manto fu Lì, per fuggire ogne consorzio umano Ristette con suoi servi a far sue arti E visse, e vi lasciò suo corpo vano Vedi le triste che lasciaron l’ago La spuola e ’l fuso, e fecersi ’ndivine Fecer malie con erbe e con imago Ma vienne omai, ché già tiene ’l confine D’amendue li emisperi e tocca l’onda Sotto Sobilia Caino e le spine |
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11. | Terribile stipa | 04:26 | Show lyrics |
Noi discendemmo il ponte da la testa Dove s’aggiugne con l’ottava ripa E poi mi fu la bolgia manifesta E vidivi entro terribile stipa Di serpenti, e di sì diversa mena Che la memoria il sangue ancor mi scipa Più non si vanti Libia con sua rena Ché se chelidri, iaculi e faree Produce, e cencri con anfisibena Tra questa cruda e tristissima copia Corrëan genti nude e spaventate Sanza sperar pertugio o elitropia Con serpi le man dietro avean legate Quelle ficcavan per le ren la coda E ’l capo, ed eran dinanzi aggroppate Ed ecco a un ch’era da nostra proda S’avventò un serpente che ’l trafisse Là dove ’l collo a le spalle s’annoda El s’accese e arse, e cener tutto Convenne che cascando divenisse E poi che fu a terra sì distrutto La polver si raccolse per sé stessa E ’n quel medesmo ritornò di butto |
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